Il sostegno ai disabili non è più scontato: nuovi criteri di valutazione e documenti più severi mettono in difficoltà tanti beneficiari
A partire dal 2025, chi usufruisce della Legge 104 deve fare i conti con un sistema di controlli più rigido. Le nuove linee guida INPS impongono verifiche più frequenti, requisiti aggiornati e un’attenzione particolare alla documentazione sanitaria. Migliaia di famiglie rischiano di perdere agevolazioni, congedi e permessi se non in regola.
La Legge 104/1992 è da oltre trent’anni uno dei capisaldi del welfare italiano. Rappresenta un riferimento fondamentale per le persone con disabilità e per i loro familiari, offrendo permessi retribuiti, congedi straordinari, agevolazioni fiscali e altri strumenti di tutela. La norma garantisce il diritto a una vita dignitosa per chi convive con una condizione di disabilità grave e riconosce il ruolo insostituibile dei caregiver che ne assicurano quotidianamente l’assistenza.
Negli ultimi mesi, però, qualcosa è cambiato. L’INPS ha introdotto nuove linee guida, che stanno avendo un impatto diretto sull’accesso e sul mantenimento dei benefici. L’approccio dell’ente previdenziale è diventato più selettivo. Le domande vengono valutate con criteri più rigidi, i verbali devono essere dettagliati e aggiornati, e i controlli sulle condizioni dichiarate sono più frequenti. L’obiettivo dichiarato è quello di contrastare gli abusi. Ma la conseguenza è che anche chi ha diritto rischia di perdere l’assistenza, se la documentazione non è in regola o se ci sono dubbi sulla gravità della condizione.
Nuove regole e maggiori controlli: cosa cambia per i beneficiari della Legge 104
Secondo le circolari più recenti, non basta più avere un verbale INPS generico. Per ottenere o mantenere i benefici previsti dalla Legge 104, è necessario dimostrare con precisione la sussistenza di una disabilità grave, accompagnata da certificazioni mediche complete e coerenti. Anche la presenza di un caregiver familiare non basta più: deve essere comprovata la reale necessità di supporto continuativo, altrimenti il diritto ai permessi può decadere.
Tra i soggetti più a rischio ci sono:
I caregiver che non presentano relazioni mediche aggiornate o non dimostrano il bisogno quotidiano di assistenza;
Le persone con disabilità riconosciute in passato ma non più sottoposte a revisione, che ora vengono richiamate per nuove visite;
Chi risiede lontano dal familiare disabile o ha legami parentali più deboli (ad esempio nipoti o cognati), che potrebbero non rientrare più nei requisiti aggiornati.
Uno degli aspetti più critici è la revisione del verbale INPS, spesso richiesta anche dopo anni. Se il documento non evidenzia in modo chiaro e aggiornato la gravità della patologia, può scattare la sospensione immediata dei benefici. A farne le spese sono in particolare le famiglie che non ricevono tempestivamente comunicazioni e non riescono a fornire la documentazione richiesta nei tempi previsti.

Il nuovo sistema punta a individuare chi non presenta più le condizioni necessarie, ma nel farlo rende più difficile la vita anche a chi ha diritto pieno all’assistenza. Le visite di revisione possono essere convocate con poco preavviso, e il mancato rispetto degli obblighi documentali può portare a esiti negativi anche se la condizione di disabilità è reale.
Cosa fare in caso di revoca o revisione: come difendersi e quali documenti servono
Se si riceve una comunicazione da parte dell’INPS che segnala la revoca dei benefici o un esito negativo dopo una visita, è importante non sottovalutare la situazione. Il primo passo è leggere con attenzione la motivazione indicata e verificare se si tratta di documentazione mancante, valutazione medica sfavorevole o inesattezze nei dati forniti.
Chi ritiene di avere diritto ai benefici può presentare un ricorso entro i termini stabiliti. In molti casi è possibile risolvere il problema con documentazione aggiuntiva, ma serve precisione. I certificati devono essere firmati da medici specialisti, devono riportare diagnosi dettagliate e possibilmente essere aggiornati a pochi mesi prima della visita. Più le informazioni sono chiare, più è probabile che il diritto venga riconosciuto.
Se il ricorso amministrativo viene respinto, è possibile rivolgersi al giudice del lavoro, ma in questo caso è consigliabile farsi assistere da un avvocato o da un’associazione specializzata. Anche se il percorso può sembrare complesso, la tempestività fa la differenza. Chi agisce subito può recuperare i propri diritti o almeno limitare i danni economici legati alla sospensione.
La Legge 104 non è stata cancellata, ma è diventata più esigente. I controlli aumentano, le interpretazioni cambiano e le famiglie devono mantenere aggiornati tutti i documenti, con particolare attenzione alla scadenza dei verbali e alla precisione delle diagnosi. Chi non si adegua rischia di perdere un sostegno fondamentale, spesso senza rendersene conto.
